In queste settimane la nostra scuola è stata scelta come “location” per una serie di incontri sull’Obbiezione di coscienza alla leva, in onore dei 50 anni dall’approvazione della legge. Nel lontano 1972, proprio questa legge diede la possibilità di dire no alla violenza ed alle armi e concesse a tutti i diciottenni maschi di allora di scegliere il servizio civile al posto di quello militare.
Il 1° ottobre scorso, presso l’aula magna del nostro istituto, si è tenuto uno degli incontri programmati sul tema ed è stata data a noi ragazzi di classe terza la possibilità di partecipare, di interagire ed ascoltare in prima persona le storie di alcuni obbiettori di coscienza. In questa occasione abbiamo incontrato Stefano Squadroni, responsabile del servizio civile di Jesi, lo storico Marco Labbate, dell’Università di Urbino, il giornalista del Manifesto, Mario di Vito, Samuele Animali, vicesindaco della nostra città e Leonardo Animali, uno dei promotori dell’iniziativa culturale.
Stefano Squadroni ha introdotto il tema inquadrando a grandi linee la situazione dell’Italia repubblicana nel 1900, poi, insieme a Leonardo Animali, ha raccontato la sua esperienza di obbiettore e della lettera che si doveva inviare allora agli uffici competenti per richiedere il servizio civile come segno di ripudio di ogni tipo di guerra.
Marco Labbate ha poi parlato del suo libro che raccoglie testimonianze di obbiettori e il racconto dell’esperienza che lui stesso ha vissuto. Ognuno degli ospiti in verità ci ha raccontato la sua storia, anche il giornalista Mario Di Vito, che nei suoi articoli sul Manifesto e sulla rivista Malamente, ha spesso parlato delle condizioni di vita nelle caserme italiane e della scelta diversa ed impegnativa fatta da molti giovani obbiettori.
Tra i racconti che più ci hanno colpito c’è quello legato alla guerra che negli anni ’90 del 1900 coinvolse alcuni paesi dei Balcani. L’Adriatico, ci hanno detto, era sorvolato da aerei da guerra e quei mezzi da combattimento erano persino arrivati nei pressi di aeroporti vicini alla nostra città. Allora la paura della guerra si faceva sentire, e il caos e le persone costrette a fuggire per il disastro che si era creato attorno a loro, rinforzarono nei giovani obbiettori la convinzione che la loro scelta fosse necessaria, poiché non volevano avere nulla a che fare con le armi e con la violenza.
Il preside della nostra scuola ci ha invece raccontato delle vicende da un altro punto di vista, poiché in quegli stessi anni, lui prestava il suo servizio militare. Ci ha descritto come si viveva nei dormitori delle caserme e del “nonnismo”, qualcosa di simile al bullismo di oggi, ma talmente grave che, in alcuni casi, ha spinto le vittime alla morte.
Al termine dell’incontro, i relatori ci hanno lasciato con una domanda importante a cui rispondere e su cui riflettere da soli: “E voi; avete mai avuto paura della guerra?”
Siamo curiose di sapere anche la vostra di risposta; ora tocca a voi…
Alice e Anna, classe 3C